OMAGGIO a MIMMO LAGIOIA 

 Serate musicali: domenica 7 e lunedì 8 settembre ’08 

         Il compito e il ruolo affidatomi contengono una duplice possibilità di lettura: sono visibilmente gratificanti ma al contempo creano un profondo disagio; stabilire il confine tra la vita e la morte è il più semplice degli stratagemmi che l’uomo affronta per decidere di uno stato fisico; qui, però, siamo di fronte ad un fenomeno diverso: celebrare l’arte, la musica nel caso particolare, assieme ad una persona che vive questa esperienza con noi non allo stato fisico ma allo stato ideale; a ciascuno di noi, poi, secondo la propria sensibilità, immaginarlo presente, forse anche seduto ma certamente con l’immancabile cellulare all’orecchio per concordare con amici e protagonisti di varia attività, i dettagli ultimi di tante, tantissime operazioni musicali messe a cornice delle più importanti feste religiose del paese: prime fra tutte il Tre Maggio e il Quattordici Settembre, oltre che la processione dei Misteri ed altre ancora.0067

         Per Mimmo Lagioia il senso della festa non era dato da  componenti diverse: bande musicali, festeggiamenti cosiddetti civili, celebrazioni liturgiche, … tutto ciò per lui era visto in un  connubio unico e indissolubile di un’unica festa: quella dell’anima, quella del cuore per Gesù crocifisso, morto e risorto per rendere possibile la salvezza eterna di tutte le persone che sono comparse e compariranno ancora sulla Terra.

         Non si accontentava dei palliativi filosofici, per esempio, alla Platone: ”La musica è la migliore medicina dell’anima”; di Marco Tullio Cicerone: “Una vita senza musica è come un corpo senz’anima”; egli amava vivere la festa con un tormento interiore unico e irripetibile; la fede cristiana e cattolica si aggrovigliava intorno ad una torcia di radici antiche (vien da pensare al bisnonno Filippo) costellate di note musicali che gli rendevano più accettabile la sofferenza rappresentata dalla Croce. 0170

         Quella Croce che d’improvviso è divenuta parte integrante della propria esistenza quando si è reso conto della caducità fisica e, allora, ancor più convintamene l’ha abbracciata per rendere sopportabili gli ultimi giorni della sua vita terrena, consapevole di un passaggio che sarebbe dovuto avvenire in tempi ultralontani ma che in realtà è avvenuto in termini brutali e rapidissimi; si può benissimo dire che i suoi giorni sulla Terra sono stati inconsapevolmente una lunga preparazione al passaggio, al trapasso.

         Quando l’anno scorso ho appreso dell’evento, dopo lo stordimento iniziale, non mi sentivo tranquillo; ho cominciato a portarmi dentro una sorta d’angoscia alla quale volevo dare sfogo in modo coerente e costruttivo, senza la pretesa di lenire il dolore0396 dei familiari e con la speranza di non essere inopportuno e indelicato; ho sofferto anch’io, ed ho sofferto alla mia maniera, come soffro in questo momento per dirvi quanto vi sto dicendo; la giornata dell’addio, però, per certi versi mi servì per dare una ragione, una giustificazione terrena alle traversie umane: era il 15 agosto, quindi giorno dell’Assunzione di Maria e giorno tradizionalmente legato alle convenzioni relative ai rapporti di lavoro, specie nelle masserie; se ne lasciava una per intraprendere l’avventura della fatica quotidiana in un’altra; i contratti di fitto delle case scadevano inevitabilmente il 15 agosto, e così per tante altre usanze di carattere legale e amministrativo. Il tutto avveniva sempre con la speranza che la vita successiva sarebbe stata migliorativa rispetto al passato. Avvalendomi di questo connotato temporale, mi spinsi a considerare la vita di Mimmo chiusa al 15 agosto ed avviata verso una condizione distante dalle penosità terrene e rivolta alla benevolenza dell’Altissimo.

         Esattamente mi espressi a chiusura, in questo modo;”Nel giorno di Santa Maria ha lasciato la casa terrena sapendo scientemente e consapevolmente della Casa presso la quale sarebbe andato; si è preparato, come pochi, ad abbracciare il sentiero dell’Infinito sapendo perfettamente che lo attendeva il Padre col quale ha intrattenuto rapporto “confidenziale” occupandosi del campo terreno affidato alla cura degli uomini di buona volontà; è partito anche lui con un quattroruote ma il suo peso è stato sorretto idealmente da migliaia di mani che l’avrebbero trattenuto volentieri per restare più a lungo assieme, anzitutto ai suoi familiari; purtroppo il “contratto” era scaduto; è una forma diversa: non è firmato, non è sulla parola; è totalmente imprevedibile anche se previsto. L’unica garanzia è che alla scadenza offre la luce, non quella scarsa delle luminarie ma quella immensa, infinita, inesauribile, eterna della Casa del Padre; il suo contratto non avrà più scadenze. Tocca a noi aspettare con ansia e trepidazione la fine del nostro; c’è una Santa Maria anche per noi, magari di un giorno qualunque, senza mani che ci trattengono, una giornata grigia e …forse tempestosa.”

         William Shakespeare ebbe dire: “L’uomo che non ha musica dentro di sé e non è commosso dall’accordo di dolci suoni, è incline ai tradimenti, agli stratagemmi e ai profitti; i moti del suo spirito sono tristi come la notte e i suoi effetti bui come l’Erebo: non fidatevi di un uomo simile.”

         Mimmo Lagioia, invece, aveva la musica dentro di sé e ce ne offre ancora, …    (Aldo Galeano)

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